Le etichette dicono tutto di chi le appiccica e nulla di chi le subisce: sono confessioni mascherate da sentenze. – Pensiero del Giorno Blog
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Spunti di riflessione del giorno
Le etichette – queste formule rapide, semplici, definitive – sono l’arma prediletta di chi non vuole conoscere davvero. Appiccicare un’etichetta su qualcuno significa, in fondo, liberarsi della fatica di capirlo. E l’uomo medio, l’uomo borghese, vive di queste scorciatoie mentali come vive la sua quotidianità: con rassegnazione e automatismo.
Chi etichetta, più che giudicare l’altro, rivela se stesso: le sue paure, i suoi desideri repressi, la sua morale prefabbricata. Dire “quello è un fallito”, “quella è una facile”, non è una condanna dell’altro, ma una confessione involontaria. È come se dicesse: “Io ho paura di fallire, io temo la libertà sessuale, io ho bisogno di sentirmi superiore.”
Così le etichette non sono sentenze, come sembrano, ma confessioni mascherate. Confessioni vigliacche, perché pronunciate con la sicurezza arrogante di chi crede di avere il diritto di giudicare. Ma la verità è che chi giudica per etichette non sa nulla, né dell’altro né di sé stesso. È cieco due volte.
E in tutto questo c’è qualcosa di tragico: la persona etichettata tace, subisce, si lascia definire. Perché nel mondo moderno, dove l’apparenza vale più dell’essere, non è importante chi sei, ma cosa gli altri decidono che tu sia.