La paura della morte. Cos’è la paura? Cos’è la morte?

Il seguente testo è estratto dal libro di Jiddu Krishnamurti “Sul Vivere e sul Morire”.

“[… Domanda] “Che cosa intende per verità sulla morte?” [Risposta] La morte è una fatto inevitabile. Qualsiasi cosa lei faccia, è irrevocabile, finale e vera. Ma vuole sapere la verità di ciò che viene dopo la morte?

[…] La morte è inevitabile. La continuità può essere portata a termine, oppure può essere nutrita e mantenuta. Ciò che è dotato di continuità non può mai rinnovarsi. Non può mai diventare il nuovo, né può mai comprender l’ignoto. La continuità è durata, e ciò che è continuo non è eterno. L’eterno non può manifestarsi attraverso il tempo, la durata. Ci deve essere una fine affinché il nuovo possa sorgere. Il nuovo non rientra nell’ambito della continuità del pensiero. Il pensiero è continuo movimento nel tempo; tale movimento non può includere in sé una modalità d’esistenza che non sia del tempo. Il tempo non è solo cronologico, ma è anche il pensiero quale movimento del passato attraverso il presente verso il futuro; è il movimento della memoria, della parola, dell’immagine, del simbolo, della documentazione, della ripetizione. Il pensiero, la memoria, si perpetuano attraverso la parola e la ripetizione.

Quando il pensiero cessa, il nuovo può iniziare: la morte del pensiero è la vita eterna. Perché il nuovo possa manifestarsi dev’esserci un continuo morire. Ciò che è nuovo non è continuo, il nuovo non potrà mai rientrare nell’ambito del tempo. Il nuovo esiste soltanto nella morte istante dopo istante. Affinché il non conosciuto possa manifestarsi in ogni giorno dev’essere presente la morte. La fine è il principio, ma la paura impedisce la fine.

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“So di avere paura, e non so cosa c’è dietro la paura”.

Che cosa intendiamo per paura? Cos’è la paura?

[…] La paura non è un’astrazione, non esiste indipendentemente, di per se stessa. Sorge solo in relazione a qualcosa. La paura si manifesta solo in un rapporto di relazione; al di là di quella relazione non c’è paura.

Quindi, lei di che cosa ha paura? Sostiene di aver paura della morte. Che cosa intende per morte? Per quanto esistano teorie, speculazioni, e sia possibile osservare determinati fatti, la morte è pur sempre l’ignoto. Qualsiasi cosa possiamo sapere in proposito, la morte stessa non può essere portata nel campo del conosciuto. Stendiamo una mano per afferrarla, ma non è là. Il conosciuto procede per associazioni, viceversa il non conosciuto non può essere reso familiare; l’abitudine non può catturarlo. Ecco perché proviamo paura.

Il conosciuto, la mente, potrà mai abbracciare o contenere il non conosciuto? La mano che si stende può afferrare soltando il conoscibile, non può raggiungere il non conoscibile. Desiderare esperienze equivale ad alimentare la continuità del pensiero; desiderare esperienze si traduce nel rafforzare il passato; desiderare esperienze vuol dire sostenere il conosciuto.

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Cos’è la morte? Cos’è la vita?

Lei vorrebbe sperimentare la morte, non è vero? Pur vivendo, vorrebbe sapere cos’è la morte. Ma cos’è la vita? Conosce la vita solo in termini di conflitto, confusione, antagonismo, gioie passeggere e dolore. E’ questa la vita? La vita è un groviglio di lotta e sofferenza? Nell’ambito di ciò che chiamiamo vita vorremmo sperimentare qualcosa che non rientra nel campo della nostra conoscenza. Chiamiamo vita quel dolore, quella lotta, quell’odio che è racchiuso nella gioia; vorremmo sperimentare qualcosa che sia l’opposto di ciò che chiamiamo vita. L’opposto è la continuazione di ciò che c’è già, forse modificato.

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Tuttavia la morte non è l’opposto. E’ l’ignoto. Il conoscibile anela all’esperienza della morte, ovvero il non conosciuto, tuttavia, per quanto si sforzi, non può sperimentare la morte. Quindi ne è spaventato, non è così? […]

Lei ha affermato di aver paura della morte. Poiché non può sperimentarla, ne ha paura. La morte è il non conosciuto, e ciò la spaventa. Non è così? Ora, è possibile aver paura di ciò che non si conosce? Se qualcosa le è sconosciuto, come può averne paura?

Ciò di cui ha veramente paura non è l’ignoto, la morte, ma la perdita del conosciuto, perché potrebbe causare dolore, o privarla del piacere, della gratificazione. E’ il conosciuto che genera paura, non l’ignoto. Che motivo c’è di aver paura del non conosciuto? Il fatto è che non è misurabile in termini di piacere e dolore: è per l’appunto il non conosciuto.

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La paura non può esistere di per se stessa. Sopraggiunge in relazione a qualcosa. In realtà lei ha paura del conosciuto in virtù della sua relazione con la morte, non è vero? Poiché si afferra al conosciuto, a un’esperienza, è spaventato da ciò che il futuro potrebbe rappresentare. Tuttavia, il ‘cosa potrebbe accadere’, il futuro, è una mera reazione, una speculazione, l’opposto di ciò che è davvero. E’ così o non è così?

[…] Non è forse vero che la maggior parte di noi ha paura di osservarsi? Potremmo scoprire cose spiacevoli, e quindi preferiamo non guardare. E’ meglio continuare a ignorare la realtà. Abbiamo paura non soltanto di ciò che potrebbe accadere in futuro, ma anche di ciò che potrebbe essere nel presente. Abbiamo paura di conoscerci per ciò che siamo, e questo nostro atteggiamento ci intimorisce di fronte a ciò che potrebbe essere. Ci accostiamo al cosiddetto conosciuto con paura, e lo stesso facciamo nei confronti del non conosciuto, della morte.

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Il desiderio di gratificazione si materializza nell’elusione di ciò che è. Stiamo cercando sicurezza, chiedendo continuamente che nulla ci disturbi, ed è proprio il desiderio di non essere disturbati che ci spinge a evitare ciò che è e ad evre paura di ciò che potrebbe essere. La paura è ignorare ciò che è, e viviamo la nostra vita in uno stato di paura costante.

Liberarsi dalla paura comprendendo

“Allora come possiamo liberarci dalla paura?”

Per liberarci di qualcosa, dobbiamo comprenderlo. C’è la paura, oppure soltanto il desiderio di non vedere? E’ il desiderio di non vedere che origina la paura, e quando non si vuole comprendere il pieno significato di ciò che è, la paura svolge un’azione di prevenzione. Possiamo condurre una vita gratificante, come fanno tanti, evitando deliberatamente di porci domande sulla sua natura, tuttavia non riusciremo a raggiungere la felicità, neppure intrattenendoci con uno studio superficiale sulla realtà delle cose. Soltanto chi di dedica con zelo alla propria ricerca può toccare la felicità; solo un ricercatore scrupoloso può raggiungere la libertà dalla paura.

“E com’è possibile comprendere ciò che è?”

Ciò che è può essere percepito nello specchio della relazione, del rapporto con tutte le cose. Non può essere compreso nel ritiro, nell’isolamento, né può essere compreso se c’è un interprete, un traduttore che nega o accetta. Può essere compreso solo quando la mente è completamente passiva, quando non agisce su ciò che è.

“Ma non è estremamente difficile essere attenti in modo passivo?”

Lo è, finché c’è pensiero.”

Jiddu Krishnamurti Sul Vivere e sul Morire

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