Favola con morale estratta da “Favole” Georges I. Gurdjieff.

Ciò che pensano gli altri

Giufà e suo figlio, di quindici anni, sono andati nel bosco, con l’asino, a far legna. Al ritorno, si fissa il fascio sul dorso dell’asinello, Giufà si siede all’altezza dell’incollatura e il figlio segue a piedi.

Entrando nei sobborghi della città, incontrano un gruppo di giovani che non si trattengono dal rendere manifesto il loro disappunto:

“Guardate questo grand’uomo che si rilassa e che fa sguazzare il proprio figlio nello sterco. Come se non ci si può stare in due, su un ciuco”.

“Hanno ragione”, dice Giufà a suo figlio. “Sali dunque, con me. Ti faccio un po’ di posto”.

Il figlio prende posto sul collo dell’animale, che ricomincia docilmente a trotterellare. Ma un po’ più lontano, incrociano delle ragazze dalla lingua ben sciolta:

“Avete intenzione di martirizzare una bestia?” dicono in modo da farsi sentire. “Il suo ventre tocca quasi terra. Che vergogna!”

“Hanno ragione”, dice Giufà a suo figlio. “Scenderò. Non siamo troppo lontani da casa”.

Il figlio quindi era a cavalcioni, e il padre a piedi, quando arrivano in una strada dove dei vecchi sono seduti sulle soglie delle loro casa.

“Ecco come gira il mondo oggi! I padri non hanno più autorità. Sono i giovani che comandano”.

“Credo che abbiano ragione”, dice Giufà. “Non va bene che padre e figlio non siano ad un livello di parità. Scendi da lì. La cosa migliore è che si vada entrambi a piedi”.

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Ma questa soluzione attira loro risate e commenti nella città:

“Che imbecilli quei due! Preferiscono stancarsi piuttosto che affaticare l’asino”. “Qual è la differenza? Sono anche loro dei somari!”

“Vedrete che presto il padre porterà anche il fascio!”

Giufà si ferma di nuovo:

“Anche loro hanno ragione”, dice. “Ma questa volta credo di sapere come evitare a che abbiano qualcosa da ridire”.

Si mette appollaiato sul fascio che è sull’asino, e fa salire il figlio sulle proprie spalle. “Così” pensa “non mi si potrà rimproverare di affaticare l’asino poiché siamo sul fascio e non sul suo dorso. Non mi si potrà trattare da padre indegno perché mio figlio è sopra di me, e non mi si potrà neppure venir a dire che io sono a lui sottomesso perché è normale che il giovanotto dalla vista lunga guidi il vecchio dalla vista debole”.

Sicuro, questa volta, di aver trovato la soluzione ideale, Giufà dà un colpo di tallone all’asino e lo strano trasporto dall’equilibrio instabile, si mette in moto. L’arrivo sulla grande piazza è trionfale, soprattutto quando, per finire, la pila crolla a causa d’un ultimo scossone. Giufà e suo figlio rotolano al suolo. Anche il carico di legna si rompe e si sparpaglia.

Pieni di vergogna, paralizzati e coperti di polvere, arrivano finalmente a casa con l’asino, unico ad uscirne indenne. Là, un vicino che è all’oscuro di tutto, si presenta alla porta della stalla:

“Giufà, ho appena comprato un asino e so che tu sei esperto in questa materia: la coda, va tagliata corta o lunga?” – “Per la coda, non c’è che una sola lunghezza, quella che ti aggrada!” – risponde Giufà.

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Morale della favola

La favola di Giufà e suo figlio ci parla dell’importanza di non lasciarsi influenzare eccessivamente dall’opinione altrui e dell’impossibilità di accontentare tutti. Ogni cambiamento che Giufà e suo figlio fanno lungo il loro percorso è una risposta ai giudizi esterni, ma ogni decisione che prendono per soddisfare un gruppo di critici viene subito contestata da un altro gruppo.

Questo continuo adattarsi alle opinioni altrui alla fine li porta a una situazione ridicola e scomoda.

Spunti di riflessione

  1. L’Inconsistenza dell’opinione pubblica: la favola mostra come le opinioni della gente siano spesso contraddittorie e mutevoli. Cercare di conformarsi a queste opinioni porta solo a frustrazione e confusione. La morale sottolinea che le critiche esterne non sempre sono razionali o coerenti.
  2. Il coraggio di scegliere per sé: Giufà impara, alla fine, che non si può accontentare tutti e che le decisioni personali dovrebbero essere basate su giudizi e preferenze individuali piuttosto che su pressioni esterne. La risposta finale di Giufà al vicino sull’asino (“Per la coda, non c’è che una sola lunghezza, quella che ti aggrada!”) rappresenta questa consapevolezza: alla fine, la decisione migliore è quella che soddisfa le proprie esigenze e preferenze.
  3. Il valore dell’autenticità: la favola invita a essere fedeli a se stessi. Rimanere coerenti dona senso di soddisfazione e tranquillità interiore rispetto al tentativo di conformarsi a standard esterni che cambiano continuamente.
  4. L’assurdità di seguire ciecamente le masse: l’assurdità culmina nella scena finale in cui Giufà e suo figlio si trovano in una posizione ridicola e scomoda, un simbolo del risultato di seguire ciecamente le opinioni degli altri. Questo fa emergere il fatto che l’imitazione acritica delle masse spesso porta a risultati ridicoli e inefficaci.
  5. La saggezza della propria esperienza: la storia suggerisce che l’esperienza e la saggezza personale sono guide migliori delle opinioni esterne. Giufà, con la sua esperienza, capisce alla fine che la soluzione migliore è quella che lui stesso ritiene più appropriata, non quella suggerita dagli altri.
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Conclusione

La favola di Giufà e suo figlio è un monito a non lasciarsi sopraffare o condizionare dalle opinioni altrui e a trovare il coraggio di prendere decisioni basate sulla propria saggezza e convinzione. Ogni individuo è unico e le scelte che facciamo dovrebbero riflettere le nostre specifiche esigenze e circostanze, non le aspettative mutevoli degli altri. La storia ci ricorda che è impossibile accontentare tutti e che cercare di farlo può portarci a situazioni ridicole e scomode.

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