“Non perdere mai una buona opportunità per stare zitto.” – Anonimo
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Quando e perché è meglio stare zitti?
Il silenzio, questo raffinato esercizio di lucidità, è l’ultima forma di buon gusto rimasta in un’epoca dove ognuno si crede opinionista, ma raramente arriva a pensatore. Tacere non è solo prudenza: è un atto di rara eleganza, una forma di resistenza contro l’inquinamento acustico dell’ego vuoto e frustrato di chi parla solo perché incapace di ascoltare.
Chi non ha nulla da dire – nulla che sia utile, acuto, o almeno decorosamente inutile – finisce sempre per dire tutto il peggio che può: per noia, per invidia, per l’insopportabile consapevolezza della propria irrilevanza. E allora parla, critica, sputa sentenze con la stessa grazia con cui un piccione decora le statue: senza comprendere né il valore della statua, né il fastidio prodotto.
Stare zitti, invece, è rivoluzionario. Significa non concorrere alla fiera del rumore. È il lusso di chi sa che il pensiero ha bisogno di pause, che il verbo non è obbligatorio, e che spesso, il miglior modo per prevalere su un idiota è lasciarlo solo col frastuono della sua stessa voce.
Quindi sì: non perdere mai una buona opportunità per stare zitto. Perché ogni parola sprecata è un favore fatto alla volgarità dilagante. E, francamente, di favori all’idiozia ne abbiamo già fatti troppi.