Koan Zen famosi – Storie saggezza su cui meditare.

Una tazza di tè

Un filosofo si recò un giorno da un maestro zen e gli disse: “Sono venuto a informarmi sullo Zen, su quali siano i suoi principi e i suoi scopi”.“Posso offrirti una tazza di tè?” gli domandò il maestro. E incominciò a versare il tè da una teiera. Quando la tazza fu colma, il maestro continuò a versare il liquido, che traboccò.”Ma cosa fai?” sbottò il filosofo. “Non vedi che la tazza è piena?”.”Come questa tazza” disse il maestro “anche la tua mente è troppo piena di opinioni e di congetture perché le si possa versare dentro qualcos’altro. Come posso spiegarti lo Zen, se prima non vuoti la tua tazza?”.

La vera Via

Joshu chiese al maestro Nansen: “Qual è la vera Via?” Nansen rispose: “La Via di ogni giorno è la vera Via”. Joshu chiese: “Posso studiarla?”. Nansen rispose: “Più studi e più ti allontani dalla Via”. Joshu allora chiese ancora: “Ma se non devo studiarla, come posso conoscerla?”. Nansen rispose: “La vera Via non appartiene alle cose che si vedono, né alle cose che non si vedono, non appartiene alle cose che si conoscono, né alle cose sconosciute. Non cercarla, non studiarla, non nominarla, per trovarti su di essa, apriti, immenso come il cielo.

La pace della mente

Un monaco chiese a Bodhidharma: “Non ho la pace della mente. Ti prego rasserena la mia mente”.
“Portami la tua mente qui, dinanzi a me” replicò Bodhidharma “e io la pacificherò”.
“Ma quando cerco la mia mente” disse il monaco “non riesco a trovarla”.
“Ecco!” gridò allora Bodhidharma. “Ho pacificato la tua mente”.

Il dito e la luna

Una sera di plenilunio, il maestro Pai-chang chiamò i suoi allievi e disse loro: “Chi ha capito l’insegnamento Zen dev’essere in grado di spiegare che cos’è la luna senza nominarla”.Uno dei discepoli pensò: “Questa volta non posso sbagliare”. Sollevò il braccio e con il dito indicò la luna. Pai-chang gli afferrò il dito e glielo torse. “E adesso dov’è la luna?” domandò. Il monaco si risvegliò.

L’arco teso

Una volta un imperatore cinese si recò da un grande Maestro Zen. Il Maestro Zen si stava rotolando per terra e rideva, anche i suoi discepoli ridevano: doveva aver raccontato una barzelletta. L’imperatore si trovò in imbarazzo. Non riusciva a credere ai suoi occhi, a capire perché si comportassero in modo così poco educato.
Non poté non dire qualcosa, rimproverò il Maestro: “Questo comportamento è increscioso! Non ce lo si aspetta da un uomo come voi, ci vuole un po’ di decoro: vi state rotolando per terra ridendo come un matto?”.
Il Maestro guardò l’imperatore, che portava un arco. All’epoca gli imperatori erano guerrieri, e avevano con sé archi e frecce. Il Maestro chiese: “Ditemi una cosa, Maestà. Tenete sempre teso il vostro arco, o qualche volta lo allentate?”.
L’imperatore rispose: “Se lo tenessi sempre teso perderebbe elasticità e non servirebbe a nulla. Bisogna lasciarlo allentato, in modo che sia flessibile quando occorre”.
E il Maestro allora concluse: “È quello che sto facendo”.

La meditazione e la tegola

Mentre il reverendo Ma stava seduto in meditazione, il reverendo Huairang prese una tegola e sedette su una roccia di fronte a lui, strofinandola. Il maestro Ma chiese: “Che cosa stai facendo?” Huairang rispose: “Sto lucidando la tegola per farne uno specchio!” Il maestro Ma ribatté: “Come puoi ottenere uno specchio strofinando una tegola”. Huairang rispose allora: “Se non posso ottenere uno specchio strofinando una tegola, come puoi tu ottenere la natura di Buddha seduto in meditazione?”

Il rospo e il millepiedi

Un millepiedi viveva sereno e tranquillo. Finché un rospo un giorno non disse per scherzo: “In che ordine metti i piedi l’uno dietro l’altro?”.Il millepiedi incominciò a lambiccarsi il cervello e a fare innumerevoli prove. Il risultato fu che da quel momento non riuscì più a muoversi.

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Silenzio assoluto

In un piccolo tempio sperduto su una montagna, quattro monaci erano in meditazione. Avevano deciso di fare una sesshin di assoluto silenzio. La prima sera la candela si spense e la stanza piombò in una profonda oscurità.Sussurrò un monaco: “Si è spenta la candela!”. Il secondo rispose: “Non devi parlare, è una sesshin di silenzio totale”. Il terzo aggiunse: “Perché parlate? Dobbiamo tacere, rimanere in perfetto silenzio!”. Il quarto, il responsabile della sesshin, concluse: “Siete tutti stolti, solo io non ho parlato!”.

Lo zen in ogni istante

Gli studenti di Zen stanno coi loro maestri almeno dieci anni prima di presumere di poter insegnare a loro volta. Nan-in ricevette la visita di Tenno, che dopo aver fatto il consueto tirocinio era diventato insegnante. Era un giorno piovoso, perciò Tenno portava zoccoli di legno e aveva con sé l’ombrello.Dopo averlo salutato, Nan-in disse: “Immagino che tu abbia lasciato gli zoccoli nell’anticamera. Vorrei sapere se hai messo l’ombrello alla destra o alla sinistra degli zoccoli”. Tenno, sconcertato, non seppe rispondere subito. Si rese conto che non sapeva portare con sé il suo Zen in ogni istante. Diventò allievo di Nan-in e studiò ancora sei anni per perfezionare il suo Zen di ogni istante.

Storia Zen “I libri e il setaccio”

Ho letto moltissimi libri, ma ho dimenticato la maggior parte di essi. Ma allora qual è lo scopo della lettura?’ domandò un allievo al suo Maestro. Il Maestro non gli rispose e gli disse di avere sete e chiese al ragazzo di prendergli dell’acqua usando un vecchio setaccio tutto sporco che era lì in terra.
L’allievo trasalì, poiché sapeva che era una richiesta senza alcuna logica. Tuttavia non poteva contraddire il proprio Maestro e prese il setaccio. Ogni volta che immergeva il setaccio nel fiume non riusciva a fare nemmeno un passo verso il Maestro che non ne rimaneva neanche una goccia. Provò e riprovò decine di volte ma per quanto cercasse di correre più veloce l’acqua continuava a passare in mezzo a tutti i fori del setaccio e si perdeva lungo il tragitto.
Stremato, si sedette accanto al Maestro e disse: “Non riesco a prendere l’acqua con quel setaccio. Perdonatemi Maestro, è impossibile e io ho fallito nel mio compito.”
No“, rispose il vecchio sorridendo, “tu non hai fallito. Guarda il setaccio, adesso è come nuovo. L’acqua, filtrando dai suoi buchi, lo ha ripulito.
Quando leggi dei libri“, continuò il vecchio Maestro, “tu sei come il setaccio ed essi sono come l’acqua del fiume. Non importa se non riesci a trattenere nella tua memoria tutta l’acqua che essi fanno scorrere in te, poiché i libri comunque, con le loro idee, le emozioni, i sentimenti, la conoscenza, la verità che vi troverai tra le pagine, puliranno la tua mente e il tuo spirito, e ti renderanno una persona migliore e rinnovata. Questo è lo scopo della lettura“. (Tratta dal Web)

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10 Koan Zen più famosi

  1. Due mani battono e si sente un suono. Qual è il suono di una mano?
  2. Se incontri il Buddha, uccidilo.
  3. Senza pensare al bene o al male, mostrami il tuo volto originale prima della nascita di tua madre e tuo padre.
  4. Due monaci stanno discutendo su una bandiera. Uno dice: “La bandiera si sta muovendo”. L’altro, “Il vento si muove”. Un terzo passa e dice: “Non il vento, non la bandiera; la mente si sta muovendo.
  5. D: Non è sorto nemmeno un pensiero; c’è ancora un peccato o no? R: Monte Sumeru!
  6. D: Cos’è Buddha? R: Tre libbre di lino.
  7. D: Qual è il significato del fatto che l’insegnante ancestrale venga dall’occidente? R: Il cipresso davanti alla sala.
  8. Wakun si lamentò quando vide un’immagine del Bodhidharma barbuto: Perché quell’uomo non ha la barba?
  9. D: Senza parlare, senza silenzio, come puoi esprimere la verità? R: Ricordo sempre la primavera nel sud della Cina. Gli uccelli cantano tra innumerevoli specie di fiori profumati.
  10. D: C’è un insegnamento che nessun maestro ha mai predicato prima? R: Sì, c’è. D: Che cos’è? R: Non è la mente, non è il Buddha, non sono le cose.

Cosa sono i Koan Zen?

I koan sono una delle pratiche più significative nel buddismo Zen. Solitamente tradotte come “senza senso”, le frasi hanno uno scopo molto più grande. Nei koan il fattore principale è andare oltre la concettualizzazione mentale.

Il koan è stato progettato per insinuare il “grande dubbio” nella mente dell’adepto. La logica non è l’obiettivo e come scrive il famoso insegnante di Sanbo Kyodan, Philip Kapleau“il ruolo del koan non è di condurci al satori [illuminazione], ma al contrario di farci smarrire la strada e portarci alla disperazione”.

Il filosofo britannico-americano Alan Watts ha scoperto uno spirito affine tra gli scritti Zen, gli haiku e i koan con la poesia beat. Watts scrive che non si tratta di impressionare l’ascoltatore o di trasmettere un grande significato, ma piuttosto di “evocare qualcosa nell’ascoltatore”. La scoperta di sé è l’obiettivo, continua, che non si raggiunge cercando. Piuttosto, scrive: “Non si ottiene guardando con la coda dell’occhio per vedere se tutti gli altri ottengono i tuoi stessi risultati o cercando di scoprire ciò che gli altri hanno già scoperto. Si ottiene scendendo nel proprio luogo intimo e segreto e chiedendovi un incontro diretto con il mondo, indipendente dalle convenzioni.”

Un koan non è né privo di significato né un enigma. Rispondere con una risposta non è l’obiettivo. Spetta all’insegnante decidere quando lo studente ha compreso correttamente il koan. La rivelazione potrebbe arrivare sotto forma di un sorriso o di uno sguardo nei loro occhi, o semplicemente osservando la loro postura mentre lottano e alla fine si arrendono alla sentenza.

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Sebbene l’allenamento del koan vari a seconda della scuola, l’essenza di base è simile: è una tecnica di mediazione che tocca le radici della pratica contemplativa.

(Tratto da: 10 Buddhist koans, and why understanding them is pointless)

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