Condottieri e contagio di idee: analisi psicologia sociale.

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CAPITOLO III

I condottieri delle folle e i loro mezzi di persuasione.

1.° – I condottieri delle folle.

Non appena un certo numero di esseri viventi sono riuniti, si tratti d’un branco di animali o di una folla d’uomini, si mettono istintivamente sotto l’autorità di un capo, cioè di una guida. Nelle folle umane, il capo rione ha una parte notevole. La sua volontà é il nodo intorno a cui si formano e si identificano le opinioni. La folla è un gregge che non potrebbe far a meno di un padrone.

Il condottiero quasi sempre é stato prima un fanatico ipnotizzato dall’idea di cui in seguito s’é fatto apostolo. Quest’idea ha talmente invaso che tutto sparisce all’infuori di essa, e tutte le opinioni contrarie gli sembrano errori e superstizioni. Così Robespierre, ipnotizzato dalle sue chimereche idee, e che adoperò i procedimenti dell’Inquisizione per propagarle.

I trascinatori di folle, il più delle volte, non sono intellettuali, ma uomini d’azione. Sono poco chiaroveggenti, e non potrebbero esserlo, poiché la chiaroveggenza porta generalmente al dubbio e all’inazione. Appartengono specialmente a quei nevrotici, a quegli eccitati, a quei semi-alienati che rasentano la pazzia. Per quanto assurda sia l’idea che difendono o lo scopo che vogliono raggiungere, tutti i ragionamenti si smussano contro la loro convinzione. Il disprezzo e le persecuzioni non fanno che eccitarli maggiormente. Tutto é sacrificato, interesse personale e famiglia. Perfino l’istinto di conservazione viene distrutto in essi, a tal punto che, spesso, la sola ricompensa che essi ambiscono é il martirio. L’intensità della fede dà alle loro parole un grande potere suggestivo. La moltitudine ascolta sempre l’uomo dotato di volontà forte. Gli individui riuniti in folla, perdendo ogni volontà, si volgono istintivamente verso chi ne possiede una.

I condottieri non sono mai mancati; ma non tutti possiedono le convinzioni profonde che fanno gli apostoli. Spesso sono retori sottili, che fanno il loro interesse personale e cercano di persuadere lusingando bassi istinti. Così l’influenza che esercitano è sempre effimera. I grandi apostoli che sollevarono l’anima delle folle, i Pietro l’Eremita, i Lutero, i Savonarola, gli uomini della Rivoluzione, hanno esercitato un fascino dopo essere stati essi stessi soggiogati da un’idea. Allora poterono far nascere nelle anime, quel potere formidabile chiamato fede, che rende l’uomo schiavo assoluto del proprio sogno.

Far nascere la fede, sia fede religiosa, politica o sociale, fede in un’opera, in una persona, in un’idea, questo, soprattutto, è il compito dei grandi condottieri. Di tutte le forze di cui la natura dispone, la fede è sempre stata una delle più notevoli, ed ha ben ragione il Vangelo attribuendole il potere di sollevare le montagne. Dare all’uomo una fede, vuol dire decuplicare la sua forza. I grandi avvenimenti storici furono spesso realizzati da oscuri credenti che non avevano che la loro fede. Le religioni che hanno governato il mondo, e i vasti imperi che si estendevano da un emisfero all’altro, non sono sorti per merito di letterati o di filosofi o di scettici.
Ma tali esempi si applicano ai grandi condottieri, e questi sono troppo rari perché la storia possa facilmente notarne il numero.
Essi formano una serie continua, che dal potente condottiero d’uomini scende all’operaio che, in una fumosa osteria, affascina lentamente i suoi compagni rimasticando continuamente certe formule che egli non capisce, ma la cui applicazione – secondo lui – deve portare alla immediata realizzazione di tutti i sogni e di tutte le speranze.

In ogni sfera sociale, dalla più alta alla più bassa, non appena l’uomo non é più isolato, cade sotto la legge di un capo. La maggior parte degli individui, specialmente nelle masse popolari, non avendo nessuna idea netta e ragionata al di fuori della loro specialità, sono incapaci di guidarsi. Il condottiero serve loro da guida. Può essere sostituito, ma non in modo completo, da quelle pubblicazioni periodiche che fabbricano delle opinioni per i loro lettori e procurano loro frasi fatte dispensandoli dal riflettere. L’autorità dei condottieri è molto dispotica, e non arriva ad imporsi che con questo dispotismo. Si é notato come si facciano ubbidire facilmente, senza tuttavia possedere nessun mezzo per appoggiare la loro autorità, tra gli operai più turbolenti. Essi fissano le ore di lavoro, i salari, decidono gli scioperi, li fanno cominciare o cessare a ore fisse.

Gli agitatori tendono oggi a sostituire progressivamente i poteri pubblici a misura che questi ultimi si lasciano discutere e indebolire. Grazie alla loro tirannia, questi nuovi padroni ottengono dalle folle una docilità completa che nessun governo può ottenere. Se, per un incidente qualsiasi, il condottiero sparisce e non é subito sostituito, la folla ridiventa una collettività senza coesione né resistenza. Durante lo sciopero dei conducenti d’omnibus a Parigi, fu sufficiente arrestare i due agitatori che lo dirigevano, per farlo subito cessare. L’anima delle folle é sempre dominata dal bisogno di servitù e non da quello di libertà. La sete di obbedienza le fa sottomettere d’istinto a chi si dichiara loro padrone.

Si può fare una divisione abbastanza netta nella classe dei condottieri. Gli uni sono uomini molto energici, dalla volontà tenace, ma momentanea; gli, altri, molto più rari, possiedono una volontà forte e tenace nello stesso tempo. I primi sono violenti, arditi. Sono utili specialmente per dirigere un colpo di mano, per trascinare le masse nonostante il pericolo, e trasformare in eroi le reclute del giorno prima. Così furono, ad esempio, Ney e Murat, sotto il primo Impero. E così fu Garibaldi, uomo del popolo, ma energico, che riuscì con un pugno d’uomini, ad impadronirsi dell’antico regno di Napoli difeso da un esercito disciplinato.

Ma se l’energia di simili condottieri é potente, è però momentanea e non sopravvive al movente che l’ha creata. Rientrati nella corrente della vita ordinaria, gli eroi spesso danno prova di una sorprendente debolezza, come quelli che ho citato dianzi. Sembrano incapaci di riflettere e di comportarsi nelle circostanze più semplici, dopo aver così ben guidati gli altri. Questi agitatori possono esercitare la loro funzione soltanto alla condizione d’essere stimolati essi stessi e eccitati continuamente, di sentire sempre sopra di loro un uomo o un’idea, di seguire una linea di condotta ben definita.

La seconda categoria, degli agitatori, quella degli uomini dalla volontà durevole, esercita una influenza più notevole, ma con forme meno appariscenti. In essa si trovano i veri fondatori di religioni o di grandi opere: S. Paolo, Maometto, Cristoforo Colombo, Lesseps. Intelligenti o senza ingegno, la folla sarà loro. La volontà persistente che essi possiedono é una dote infinitamente rara e infinitamente potente che fa piegare tutto. Di solito non ci si rende abbastanza conto di quanto può una volontà forte e continua. Nulla sa resisterle, né la natura, ne gli dei, né gli uomini.

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2.° – I mezzi di azione dei condottieri; l’azione, la ripetizione e il contagio.

Quando si tratta di esaltare per un momento una folla e di condurla a commettere un atto qualsiasi saccheggiare un palazzo, farsi massacrare per difendere una barricata, bisogna operare su di essa con mezzi rapidi di suggestione. Il più energico é l’esempio. E allora necessario che la folla sia preparata da talune circostanze, e che colui il quale vuol trascinarla possieda la qualità che io studierò più oltre sotto il nome di prestigio.

Quando si tratta di far penetrare lentamente idee e credenze nello spirito delle folle – le teorie sociali moderne, ad esempio – i metodi dei condottieri sono diversi. Essi sono principalmente ricorsi a questi tre procedimenti: l’affermazione, la ripetizione, il contagio.

L’affermazione pura e semplice, svincolata da ogni ragionamento e da ogni prova, costituisce un sicuro mezzo per far penetrare un’idea nello spirito delle folle. Più l’affermazione é concisa, sprovvista di prove e di dimostrazione, più essa ha autorità: I libri religiosi e i codici di tutte le epoche hanno sempre proceduto per semplice affermazione. Gli uomini di Stato chiamati a difendere una causa politica qualunque, gli industriali che diffondono i loro prodotti con annunci, conoscono il valore dell’affermazione.

Quest’ultima non acquista tuttavia reale influenza se non a condizione d’essere costantemente ripetuta, e il più possibile, negli stessi termini. Napoleone diceva che esiste una sola figura seria di retorica, la ripetizione. La cosa affermata riesce a stabilirsi negli spiriti a tal punto da essere accettata come una verità dimostrata.

Ben si comprende l’influenza della ripetizione sulle folle, vedendo quale potere essa esercita sugli spiriti più illuminati. La cosa ripetuta finisce difatti per attecchire in quelle regioni profonde dell’inconscio in cui si elaborano i motivi delle nostre azioni. In capo a qualche tempo, dimenticando qual é l’autore della affermazione ripetuta, finiamo per credervi. In tal modo si spiega la forza mirabile dell’annunzio.

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Quando abbiamo letto cento volte che il miglior cioccolato é il cioccolato X, noi ci immaginiamo d’averlo inteso dire di frequente e finiamo per averne la certezza. Persuasi da mille attestazioni che l’intruglio Y ha guarito i più grandi personaggi dalle più tenaci malattie, il giorno in cui siamo colti da una malattia dello stesso genere, finiamo per essere tentati di provarla.

A furia di veder ripetere dallo stesso giornale che A é un perfetto cretino e B un onestissimo uomo, finiamo per esserne convinti, considerato, s’intende, che non leggiamo di frequente un altro giornale d’opinione contraria, in cui i due qualificativi siano invertiti. L’affermazione e la ripetizione sono abbastanza potenti per potersi combattere.

Quando un’affermazione é stata sufficientemente ripetuta, con unanimità nella ripetizione, come capita in certe imprese finanziarie, si forma ciò che si chiama una corrente d’opinioni e il potente meccanismo del contagio interviene.

Nelle folle, le idee, i sentimenti, le emozioni, le credenze possiedono un potere contagioso, intenso quanto quello dei microbi. Questo fenomeno sì osserva negli stessi animali non appena essi costituiscano una folla. Il tic di un cavallo in una scuderia é in breve tempo imitato dagli altri cavalli della medesima scuderia. Una paura, un movimento disordinato di qualche pecora, si propagano in breve a tutto il gregge. Il contagio delle emozioni spiega la subitaneità del panico. I disordini cerebrali, come la pazzia, si propagano anche per contagio. Si sa quanto é frequente l’alienazione negli alienisti. Si citano anche forme di pazzia, l’agorafobia (paura di attraversare un luogo aperto, come una grande piazza), ad esempio, comunicate dagli uomini agli animali.

Il contagio non esige la presenza simultanea di individui in uno stesso luogo; esso può verificarsi a distanza, sotto l’influenza di certi avvenimenti che orientano gli spiriti nello stesso senso e che danno i loro particolare carattere alle folle, soprattutto quand’esse sono preparate dai fattori lontani che ho studiato più sopra. Così, ad esempio, l’esplosione rivoluzionaria del 1848, partita da Parigi e che si propagò improvvisa a una gran parte dell’Europa e scosse parecchie monarchie.

L’imitazione, alla quale si attribuisce tanta influenza nei fenomeni sociali, non è in realtà che un semplice effetto di contagio. Avendo altrove la sua funzione, mi limiterò a riportare ciò che ne dicevo, or é molto tempo, e quel che è stato svolto da altri scrittori.
« Come l’animale, l’uomo ha tendenza ad imitare. L’imitazione é un bisogno per lui, a condizione, beninteso, che questa imitazione sia facile, e da questo bisogno nasce la moda. Si tratti di opinioni, di idee, di manifestazioni letterarie, o semplicemente di costumi, quanti osano sottrarsi al suo impero? Le folle si guidano con dei modelli, non con argomenti. In ogni epoca, un piccolo numero di individui imprimono quell’ impulso che poi la massa inconsciamente imita. Questi individui però non devono allontanarsi troppo dalle idee ricevute. Imitarli diventerebbe allora troppo difficile e la loro influenza sarebbe annullata. Questa é la ragione per cui gli uomini troppo superiori alla loro epoca non hanno generalmente nessuna influenza su di essa. E ancora per la stessa ragione gli Europei, con tutti i vantaggi della loro civiltà, esercitano un’influenza insignificante sui popoli d’Oriente.
« La duplice azione del passato e dell’imitazione reciproca, finisce col rendere tutti gli uomini di uno stesso paese e di una stessa epoca simili a tal punto che perfino in quelli che sembrerebbe dovessero maggiormente sottrarvisi – filosofi, scienziati, letterati – il pensiero e lo stile hanno un’aria di famiglia che fa subito riconoscere il tempo al quale appartengono. Un momento di conversazione con un individuo qualsiasi basta per conoscere a fondo le sue letture, le sue occupazioni e l’ambiente in cui vive »
 (Gustave Le Bon. “L’uomo e la società”, v. II, p. 116, 1881.).

Il contagio é abbastanza potente per imporre agli uomini non soltanto certe opinioni, ma anche certi modi di sentire. Il contagio fa disprezzare, in una data epoca, un’opera, il Tannhauser, ad esempio, e qualche anno dopo la fa ammirare da quegli stessi che l’avevano maggiormente denigrata.

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Le opinioni e le credenze si propagano bene per mezzo del contagio, e pochissimo per mezzo del ragionamento. Le concezioni attuali degli operai vengono apprese all’osteria, con l’affermazione, la ripetizione e il contagio. Le credenze delle folle di tutti i tempi non si sono formate in altro modo.

Renan paragona giustamente i primi fondatori del cristianesimo «agli operai socialisti che diffondono le loro idee di osteria in osteria»; e Voltaire aveva già fatto osservare a proposito della religione cristiana che «per più di cent’anni era stata accolta soltanto dalla più vile canaglia.»

Negli esempi analoghi a quelli che ho citati, il contagio, dopo aver esercitato la sua influenza nelle classi più basse, passa in seguito alle classi superiori della società. In questo modo, ai nostri giorni, le dottrine socialiste cominciano a guadagnare coloro che, poi, ne sarebbero le prime vittime. Dinanzi al potere del contagio, anche l’interesse personale viene distrutto.

E tutto ciò perché ogni opinione diventata popolare finisce con l’imporsi anche alle classi sociali più elevate, per quanto visibile possa essere l’assurdità dell’opinione trionfante. Questa reazione degli strati sociali inferiori su quelli superiori é tanto più curiosa se si pensa che le credenze delle folle derivano sempre, più o meno da qualche idea superiore che non ha avuto influenza nell’ambiente dove era nata.

I condottieri, soggiogati da questa idea superiore, se ne impadroniscono, la deformano e creano una setta che la altera di nuovo, e che la diffonde sempre più trasformata tra le folle.
Diventata verità popolare, l’idea risale alla sorgente e allora agisce sulle classi elevate di una nazione.

In conclusione é l’intelligenza che guida il mondo, ma lo guida da molto lontano. I filosofi creatori di idee sono da molto tempo scomparsi, quando, per effetto del meccanismo ora descritto, il loro pensiero finisce per trionfare.

(Estratto dal libro pagg. 56-61)

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